Di seguito Vi proponiamo un estratto dell’articolo redatto a cura
del Presidente della Camera di Commercio Italo-Russa Rosario Alessandrello,
pubblicato in data 8 luglio 2018 dal quotidiano BRESCIAOGGI.
La versione integrale dell’articolo è scaricabile al link riportato in fondo alla pagina.
Parlare di Iran oggi significa parlare anche di Eurasia
“Le condizioni pattuite nell’accordo sul nucleare con l’Iran, il joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa), sono state considerate come il grande successo della diplomazia di Obama, nonché un importante momento di concerto tra Paesi europei, Russia e Cina.
La recente decisione del presidente Donald Trump di ritirare gli Usa dal Jcpoa e di applicare le nuove sanzioni già previste indebolisce un sostegno all’esistenza politica dei moderati iraniani (guidati dal premier Hassan Rouhani), che, in una regione di traboccanti nazionalismi, non avranno ora altra alternativa che schierarsi con Khamenei in nome della patria tradita, esattamente come hanno fatto i Kemalisti turchi. Soltanto per l’Unione europea le sanzioni Usa significano che a partire dal 5 novembre 2018 l’Iran non è più in condizioni di pagare gli impegni presi in valuta e l’Italia perde 1,7 miliardi di euro di export attuali previste in crescita. L’Iran fonda il suo Pil per l’80% sull’export energetico (gas e petrolio), il quale non può andare verso Paesi che saranno puniti dagli Usa. In queste condizioni già oggi gli 81 milioni di iraniani ne stanno pagando le conseguenze. Il tasso di crescita è quasi zero e la disoccupazione giovanile supera il 28 per cento. La svalutazione del rial rispetto al dollaro Usa è continua.
L’Ue non perde solo tutto l’interscambio previsto in crescita verso l’Iran, ma perde il Paese che già è spinto verso l’organizzazione per la cooperazione di Shangai (Sco), che dopo l’adesione di India e Pakistan unisce quasi la metà della popolazione mondiale ed un quarto del territorio globale. Detta organizzazione è diventata il gruppo G8 euroasiatico e ha superato il G7 per volume delle economie. Il G7 produceva il 70% del Pil mondiale (adesso il 43%); inoltre dopo il «flop» del 44° summit svolto in Canada, il gruppo leader del mondo delle economie più ricche non esiste, ci sono gli Usa e gli «altri». Nella prima metà di giugno scorso sono accaduti fatti il cui contrasto non potrebbe essere più evidente. A Singapore, il vertice storico tra il presidente Usa Trump e quello della Corea del Nord Kim Jong-Un ha avviato un processo che può andare ben oltre la regione stessa. Il vertice annuale della Shangai Cooperation Organization tenutasi a Qingdao (terra di Confucio) dal 9 al 10 giugno, ha aperto un «nuovo capitolo» nella storia del blocco regionale (EuroAsia). Sono entrati India e Pakistan come nuovi membri accanto a Cina, Kazakistan, Kirghizistan, Russia, Tagikistan e Uzbekistan, mentre Afganistan, Bielorussia, Mongolia e Iran hanno partecipato come osservatori.
Tutti i capi di Stato si sono pronunciati che vada perseguita per il bene comune, armonia, unità e una comunità condivisa tra tutte le nazioni, cioè fiducia e benefici reciproci, uguaglianza, consultazione, rispetto per civiltà diverse e perseguimento dello sviluppo comune. Negli stessi giorni il G7 in Quebec (Canada) è stato un fallimento clamoroso, («deprimente» lo ha definito Angela Merkel). La proposta del ministro tedesco Horst Seehofer di fermare i profughi sul confine germanico, se sono già registrati in un altro paese membro dell’Ue, sarebbe la fine dell’accordo di Schengen e la distruzione dei fondamenti dell’unione monetaria. Fra 20 anni l’Africa sarà popolata da due miliardi di persone, molte delle quali giovani che hanno bisogno di istruzione, di lavoro e più in generale di una prospettiva per il futuro. La Cina ha aiutato l’Africa a ridurre la povertà dal 56% del 1990 al 43% del 2012. Dal 1999 la dottrina dell’interventismo e delle guerre permanenti ha sostituito il diritto internazionale e la Carta delle Nazioni Unite, provocando il sacrificio di milioni di vite umane, consentendo ai gruppi terroristici con l’etichetta islamica di diventare una minaccia seria e causando flussi migratori senza precedenti.
In questo processo sono state attivate provocazioni «false flag» che si aggiungono alla lunga serie di guerre alimentate dalle menzogne, per esempio la balla dei «bambini lasciati morire nelle incubatrici» (Kuwait 1991), all’operazione Horseshoe sulle accuse di pulizia etnica (Kosovo 1999), alla «frode delle armi chimiche di distruzione di massa» (Iraq 2003), fino agli inganni più recenti, come l’affare Skripal e l’accusa di impiego di armi chimiche in Siria, nei quali è stato messo a nudo il ruolo dei servizi segreti britannici. L’espansione a Est della Nato fino ai confini con la Russia, la demonizzazione del Presidente Vladimir Putin e il tentato golpe contro il Presidente Donald Trump sono il risultato del medesimo tentativo di mantenere in piedi un ordine mondiale unipolare. Per non parlare delle bizzarrie diplomatiche di Trump: Iran cattivo e Corea del Nord buona. Incontro necessario con Vladimir Putin per risolvere alcuni problemi e nuove sanzioni alla Russia. Abbiamo bisogno di un cambiamento politico dalle fondamenta, del ripristino del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite e della sostituzione esplicita della geopolitica con il principio superiore degli interessi dell’umanità intera. […]”
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